Vedo l’arrivo di questa gara indescrivibile a pochi passi da me, e il traguardo è una linea che posso quasi ormai sfiorare. La fine incomincia a risucchiarmi e ho l’impressione di venir vorticosamente attratta da essa, come se il tempo s’accelerasse irrimediabilmente. Il mio sguardo, frammentato, si dirige in innumerevoli direzioni e l’avanti e il dietro si contendono i mie occhi, bramando entrambi l’esclusività della visione. Guardare di fronte a sé, continuando ad osservare ciò che alle proprie spalle si è costruito: mi torna alla mente un suggestivo verso di una canzone a me cara, ossiaL’ultimo spettacolo di Vecchioni, «Con l’occhio azzurro io ti salutavo, con quello blu io già ti rimpiangevo». Con queste parole rifletto malinconicamente e, insieme, orgogliosamente, su questo viaggio nel profondo in cui sono inciampata grazie al mio Evs. Vi scrivo intrappolata in questi ultimi attimi a Kuldīga, pittoresca cittadina della Lettonia. Selvaggia, colorata, sorprendente, estrema, controversa, questa terra mi ha sconvolto l’esistenza, rappresentando un’esperienza di vita fortissima e vissuta con un’intensità difficilmente condivisibile a parole. Sono nell’angolo d’Europa e ogni singolo dettaglio mi è apparso a lungo una sfida nuova, qualcosa d’impressionante, come fosse una sfumatura colorata mai incontrata prima. Quando qualcuno, pochi mesi fa, mi chiedeva: Che cos’è un Evs? Io non avevo idea di quale risposta potesse essere soddisfacente. Poche notizie, descrizioni generali. Quando adesso qualcuno mi chiede: cos’è stato per te l’Evs? Io rispondo: quando la vita intorno e dentro di te ha il suono del mondo, non riesci ad esprimerla. È necessario provarlo, immergersi del tutto in tali profondità, accettando ciò che il viaggio comporta.

Io vi consiglio di assaggiare una fetta di mondo nello stesso modo in cui è capitato a me, affamati di esso, tanto da non poterlo esprimere in un discorso, essendone pieni, traboccanti.

Capita di chiedermi cosa sia stata io in questo periodo, perché l’idea di un cambiamento radicale ha attraversato la mia mente per molto tempo. Cambiare se stessi in qualcosa d’altro: una così drastica trasformazione accade raramente come tutte le cose estreme interrompono l’ordinaria vita di tutti i giorni sono poche volte.

Ci sono alcune esperienze che, sebbene siano emozionanti e grandiose, possono essere facilmente condivise, perché paragonabili ad altre simili. Io, ad esempio, posso trasmettere a molte persone il mio amore per la filosofia, la passione che mi lega al cinema, al teatro o alla scrittura. Ognuno di noi ha desideri, cose che ama fare, modi con cui desidera spendere il tempo libero. Nonostante l’oggetto sia diverso, è comune ciò che esso è e rappresenta, l’energia che viene impiegata in esso. Ma un Evs rientra tra quelle unicità, il cui discorso a riguardo si distrugge sulla punta delle labbra, prima di diventare suono.È il sorprendente stesso che bussa alla tua porta e tu inciampi nella bellezza che non ti fa tornare indietro.

In questi mesi ho fatto del mio meglio per essere come una persona lettone; ho fatto sport invernali sulla neve, ho fatto la sauna tradizionale, che altro non è se non un vero rituale, qualcosa di spirituale e purificante. Ho mangiato tantissimo cibo locale e mi son abituata alle loro tradizioni, costumi e stranezze. È stata quindi un’esperienza totalizzante in cui sento di aver vissuto appieno questa cultura e questa mentalità, integrandole con le mie.

Il mio progetto è stato molto stimolante  e mi ha dato ottimi strumenti di crescita, personale e di competenze. Sono stata in una scuola superiore a indirizzo tecnico, la quale ha un sistema molto dinamico ed è attiva nell’organizzare varie iniziative e nel coinvolgere studenti e docenti in modi diversi. Ho preso parte a numerose escursioni con la classi e ho potuto visitare questa nazione da Est ad Ovest, da Nord a Sud.

Sin dall’inizio di Novembre e per tutti questi mesi il mio principale obiettivo è stato quello di dare agli studenti (e non solo a loro) una chiave per vedere e interpretare il mondo in modo alternativo e per innamorarsi della conoscenza. Invogliare i ragazzi in qualcosa di nuovo, all’interno di un contesto scolastico, non è sempre semplice e, anzi, per me è stato molto arduo. Ognuno di loro seguiva un curriculum e le lezioni finivano alle 15:00, il più delle volte. Anche l’enorme distanza culturale ha giocato un ruolo decisivo e spesso alcune delle mie idee non sono andate in porto. Tuttavia son riuscita a realizzare idee belle e, nel corso del tempo, ho capito che qualcosa di costruttivo era davvero possibile. Ho imparato tantissimo dalle sconfitte, da ciò che non veniva accolto o dalle reazioni poco interessate dei miei interlocutori: insistere e resistere è ormai da anni il mio motto e grazie a questo, grazie all’inverno buio e freddo, grazie alla solitudine profonda del primo periodo, grazie alle pazzie in mezzo alla natura e a tutto il resto, ho acquisito una straordinaria capacità di resistenza e amore verso me stessa.

Ciò che ho vissuto qui e come l’ho vissuto è scritto in minima parte nel mio diario, è racchiuso in minima parte nelle mie foto, ed è solo lontanamente accennato qui, per voi.

Ma tutto il resto, il di più, l’inesprimibile, il magico, è intrappolato negli occhi della gente, è espresso nel sorriso di coloro che mi stanno lasciando con una lacrima, è trattenuto nelle fessure delle strade, e nelle foglie di questi alberi che, con estremo coraggio, hanno assorbito e vinto il freddo invernale e, con esso, una parte di ciò che ero.

Lucrezia Rosano