Quando diventiamo sostenitori di un credo diventiamo a nostra volta, e a volte inconsapevolmente, guida per chi tale ci riconosce e comincerà dunque, a sua volta, a sostenerci.


E succede, a volte, che, in relazione alla nostra ristretta e semplice quotidianità, i nostri primi sostenitori siano i nostri figli, i nostri alunni, i giovani insomma, persone che si stanno formando per diventare tali. Persone, appunto.


Per questo motivo, in quanto responsabili impliciti della loro prima formazione, dobbiamo chiederci se le nostre parole e le nostre azioni stiano trasmettendo virtuosi valori o solo perversi poteri.


Perché in effetti, pensiamoci, le parole sono potenti. Permettono alle cose di esistere nel momento stesso in cui vengono nominate e se per caso diamo alle parole il compito di veicolare messaggi poco virtuosi, beh, le stiamo strumentalizzando e la realtà rischia di diventare molto pericolosa, in quanto ritenuta giusta, poiché l’unica presentata possibile. Ora, lo slogan “Prima gli Italiani” si colora di questo potere rischioso dal momento che si fa portatore di una realtà pericolosa: quella che nega tutte le identità esistenti per l’affermazione di quella italiana. E cosa vuol dire negare tutte le altre identità in favore della conservazione di una sola, se non razzismo?

Non è di credo o di appartenenza politica che parliamo al grido “Prima gli Italiani”; i fautori dello slogan semplicemente contraddicono quello a cui inneggiano. Spieghiamo: volere l’affermazione dell’identità italiana significherebbe potenzialmente sostenere e affermare i valori di libertà e uguaglianza su cui si fonda la società italiana, quelli che sono impressi nella Costituzione democratica del 1947 e che, per questo motivo, rappresentano lo spartiacque nei confronti del totalitarismo e dell’antisemitismo. E invece no, quel grido non fa altro che negarla quella Costituzione. E se neghiamo la Costituzione, non è forse chiaro che stiamo precludendo ai nostri primi sostenitori, figli, alunni, giovani di cui sopra, il diritto di essere persone libere con diversi e liberi orientamenti, laici e religiosi?


Forse dovremmo tutti fermarci almeno un istante in questa folle corsa verso una supremazia patriottico-elettorale e pensare a utilizzare lo stile italiano per affermare quel ruolo di guida che inconsapevolmente i nostri figli ci hanno dato; dovremmo fare un passo indietro per poterne fare molti in avanti e allora provare ad usare le parole per insegnare un unico obiettivo nobile: la tutela e salvaguardia dei diritti umani inalienabili.

Ed è solo salvaguardando la persona che allora si tuteleranno tutte le identità, uniche perché speciali, ognuna nelle proprie diversità. Perché, siamo sinceri, se per primi promuoviamo una società in cui si insegna ai nostri figli ad essere superiori agli stranieri solo perché italiani, come ci aspettiamo che i nostri stessi figli vengano trattati una volta messo piede fuori dall’Italia, dove saranno essi stessi gli stranieri?

Facciamolo quel passo indietro, e saremo avanti.